SOSTEGNO PSICOLOGICO PER ADOLESCENTI E ADULTI

 

La vita di ogni individuo è in progressiva evoluzione ed è quindi inevitabile andare in contro ad eventi e situazioni che mettano a dura prova la resistenza, compromettendo la capacità di rispondere in modo efficiente ed efficace.

Il mio intervento, in questo senso, si articola in un breve percorso, ma senza un limite prestabilito, nel quale ci si focalizza su una specifica problematica o criticità, con carattere d’urgenza, che l’individuo si trova ad affrontare in un preciso momento della vita (cambiamento lavorativo, separazione, pensionamento, lutto, crisi relazionale).

Nell’ambito della relazione terapeutica empatica e orientata all’ascolto sarà possibile esprimere il proprio sentire avviando un processo di consapevolezza non solo rispetto al problema ma anche rispetto alla lettura/interpretazione di quel problema. Attraverso i colloqui, verranno via via stabiliti gli obiettivi del percorso e valutate soluzioni pratiche e strategie di coping da attuare concretamente nella vita quotidiana.

Diversamente, se durante il percorso emergesse il bisogno di allargare lo sguardo su vissuti personali più remoti, sarà possibile valutare una psicoterapia capace di affrontare aspetti più profondi.

 

Per saperne di più:

Il Coping

Il coping, con le sue strategie, è un sistema di resistenza allo stress e venne introdotto nello studio della psicologia negli anni ‘60.

Il termine inglese to cope, far fronte, racchiude e definisce un sistema mentale e metodologico per fronteggiare lo stress e ai traumi che l’individuo è costretto ad affrontare, che sia un evento straordinario o parte della quotidianità. Per far fronte ad un evento, l’individuo si attiva per controllare gli eventi ma è noto come siano le emozioni ad avere la meglio e quindi il primo step riguarda necessariamente la percezione dell’evento stressante.

Questa precisazione è importante proprio perché la valutazione di un evento come stressante è data: dalle caratteristiche oggettive dello stimolo (qualità/quantità dell’evento), dalla valutazione cognitiva, dalla percezione emotiva compiuta dall’individuo ed infine dalla valutazione delle risorse/abilità per far fronte allo stimolo stesso. Lo stimolo sarà quindi valutato tanto più stressante quanto l’individuo si percepirà inadeguato e incapace a fronteggiarlo (Lazarus 1993; Lazarus e Folkman, 1984).

Le strategie di Coping racchiudono le modalità di adattamento che riducono – se funzionanti – l’impatto dell’evento stressogeno. Pertanto, quando si parla di coping si fa riferimento agli sforzi cognitivi e comportamentali per controllare le richieste interne o esterne che vengono valutate come eccedenti le risorse della persona (Lazarus, 1991). Si definisce come processo dinamico, in quanto caratterizzato dall’interazione tra individuo e ambiente, e comprende azioni finalizzate a controllare, contenere e mitigare l’impatto negativo dell’evento stressogeno mediante strategie cognitive e comportamentali che l’individuo adotta per rispondere alle situazioni stressanti. Definibile come costrutto multidimensionale, in quanto inizia con la valutazione cognitiva degli eventi stressogeni e termina con l’attivazione delle strategie comportamentali concrete. Per questo si definisce multidimensionali, perché il processo recluta risorse emotive, cognitive e comportamentali.

Anche per il costrutto di coping, non possiamo prescindere dalle teorizzazioni di Lazarus che considera lo stress un processo di valutazione – a valle dell’interazione uomo-ambiente – per il quale l’individuo ritiene che le richieste dell’ambiente eccedono le risorse adattive a disposizione. Il coping interviene con sforzi adattivi di carattere cognitivo, emotivo e comportamentale, di fronte a richieste (interne o esterne) valutate come eccessive/eccedenti.

Lazarus nello specifico individua nel modello teorico due tipi di valutazione:

  • valutazione primaria rivolta all’ambiente e quindi all’evento stressante, minaccia identificata dall’individuo;
  • valutazione secondaria, rivolta alle risorse/opzioni disponibili per gestire l’evento/situazione (questo aspetto implica il processo di coping).

Di fatto “fronteggiare” implica tutta una serie di sforzi intrapsichici e orientati materialmente all’azione, azione che si sostanzia nel controllo, minimizzazione dell’impatto emotivo, tolleranza fisica e mentale, per rispondere alle richieste dell’ambiente che eccedono le risorse personali.

Ingrandendo ulteriormente il processo e meglio dettagliando gli step, il coping si declina in due fondamentali funzioni:
La prima funzione si focalizza sul problema (problem focused) ed implica azioni e strategie per moderare l’impatto dell’evento, quindi in questo ambito si agisce mediante cambiamento del contesto situazionale/interazione con l’ambiente.
La seconda funzione si focalizza sull’emozione (emotion focused), quindi sullo stato emotivo scaturito dall’impatto con l’evento. Si concretizzano pertanto strategie volte ad emendare l’esperienza spiacevole sperimentata e a mitigare e modificare le emozioni negative che la accompagnano (Lazarus 1966, 1978).

Per sintetizzare il concetto si potrebbe dire che l’attività di coping si concretizza con risultati adattivi da parte dell’individuo. Il giudizio della richiesta che proviene dall’ambiente come fattore stressogeno, dipende da:

  • fattori disposizionali quali credenze, valori, obiettivi, ottimismo, auto-efficacia;
  • fattori legati alla situazione specifica (durata, pericolosità, controllabilità) valutazione delle risorse comportamentali efficaci per fronteggiare l’evento la presenza di tutti i fattori impediscono il manifestarsi l’esperienza stressante.

Partendo dal lavoro Lazarus e Folkman, nel 1990 Endler e Parker hanno evidenziato tre tipologie di coping prevalenti:

  • coping centrato sul compito (task coping): modalità che porta ad affrontare direttamente il problema mediante la ricerca di soluzioni risolutive della crisi contingente;
  • coping centrato sulle emozioni (emotion coping): capacità di intervenire in modo da regolamentare gli stati emotivi per il mantenimento di una prospettiva positiva e il controllo delle proprie condizioni in situazioni disagiate;
  • coping centrato sull’evitamento (avoindance coping): che si esprime dal tentativo dell’individuo di ignorare la minaccia dell’evento stressante attraverso la ricerca del supporto sociale o orientando verso attività che distolgono l’attenzione dal problema.

Ma come si interviene per modificare le strategie di coping? L’approccio più interessante e significativo è  quello comportamentista che mira a modificare il comportamento e quello cognitivista che mira invece a modificare le cognizioni del soggetto rispetto agli eventi (pensieri ed emozioni). Sostanzialmente i metodi cognitivo-comportamentale intervengono modificando i comportamenti e le credenze degli individui, così facendo si sviluppano abilità di coping. L’approccio di Meichenbaum (1977, 1986) è uno di questi e mira, in definitiva, a sostituire i pensieri negativi con altri positivi, capaci di orientare i comportamenti nelle varie situazioni. Le emozioni negative non possono essere eliminate, quindi si impara a fronteggiarle. In termini pratici, le tecniche capaci di formare in tal senso, sono la desensibilizzazione sistematica, la programmazione neuro-linguistica, meditazione e rilassamento, visualizzazione, rilassamento muscolare profondo (Wolpe, 1958 per il trattamento delle fobie), problem solving/ragionamento logico, mindfulness.

Tutte queste tecniche hanno come fine ultimo:

  • “allenare” concretamente il sistema cognitivo-comportamentale;
  • utilizzare modalità interpretative diverse;
  • dominare l’ansia e a prendere la giusta distanza dalle problematiche per una valutazione più obiettiva e ponderata.

La progressiva eliminazione dei pensieri/comportamenti negativi, consentiranno di evitare risposte disfunzionali ai problemi/eventi stressogeni con conseguente dispendio di energie e di produrre feedback più efficaci e più flessibili.

Focus sull'adolescenza

Il bambino cresciuto con amore e tenerezza, che sorrideva e che non si saziava mai delle attenzioni e delle coccole di mamma e papà, ad un certo punto lascia il posto all’adolescente scontroso, taciturno e a tratti oppositivo e svalutante. Questo sconosciuto disorienta e spesso fa sentire disarmati, facendo affiorare il dubbio di aver sbagliato qualcosa. Winnicott uno dei grandi maestri della psicopedagogia definiva il bravo genitore quello “sufficientemente buono”, perché sapientemente consapevole che il genitore perfetto non esiste. Esiste il genitore che dopo la prima fase di disorientamento si attiva per accogliere una nuova fase della vita con i propri figli.  Riconoscere di aver bisogno di aiuto non è affatto una sconfitta anzi è un gesto di lucida consapevolezza, che può portare rapidamente sollievo emotivo.

In questo senso il supporto psicologico e la psicoterapia sono strumenti preziosi per aiutare gli adolescenti  ma anche i genitori ad affrontare in modo propositivo questo passaggio di vita importante ma molto faticoso.

L’adolescenza è una fase di passaggio molto delicata, quella che E.Erikson definisce tra le fasi di transizione più importanti. È straordinaria per la quantità di cambiamenti e modificazione psico-fisiche ma è al tempo stesso fonte di smarrimento. La nuova letteratura estende – rispetto agli psicologi evolutivi di inizio secolo – la fase adolescenziale dai 12 ai 24 anni. La crisi e le difficoltà che accompagnano questa fase sono totalizzanti perché non coinvolgono solo l’adolescente ma anche i genitori e non solo. L’istituzione scolastica oggi è in prima linea impegnata (non con poche difficoltà) nel cercare in itinere di adempiere all’arduo compito educativo/formativo che non coinvolge più solo l’ambito puramente didattico. Ma ci sono anche gli allenatori, gli psicologi, i mentoring. È innegabile come l’adolescenza metta a dura prova gli adulti in senso generale, che non possono avvalersi di riferimenti alla propria adolescenza, perché i nuovi giovani (i millennials, la generazione Z, generazione Alpha) non hanno nulla a che fare con i loro genitori e questo tende a generare ancora più disorientamento e incomprensioni.  Questa generazione (secondo gli ultimi sondaggi) alla luce di quello che capita intorno a loro non hanno i valori, le speranze, gli obiettivi che guidavano le generazioni precedenti. In una società post pandemia, con guerre in ogni angolo del mondo, con la paura del terrorismo, in un mondo alle prese con crisi climatica ed energetica, sembra che al loro non sia concesso sognare e progettare.  Sentono di dover portare il carico dell’irresponsabilità delle generazioni precedenti, un carico così soverchiante da generare annichilimento, tanto da prediligere una vita parallela e superficiale sui social divenuti un concentrato di vita (esperienze, conoscenza, sessualità, amicizie) in pochi pollici dello smart phone. Inoltre sono alle prese con un mondo che restituisce immagini bellissime e superficiali, che sui social scorrono per pochi secondi, per poi lasciare dubbi/paure/insicurezze che possono durare anche per mesi. La glorificazione del successo rapido, vuoto e spesso immeritato che genera idoli discutibili ma che mettono in discussione la valenza della fatica/sacrificio e il valore dello studio, della conoscenza e della progettualità. Oltre a demonizzare il fallimento e l’errore che diventano una macchia non tollerabile e non contemplabile.

 

Focus Adolescenza

 

Quando l’ansia e la fragilità diventano insostenibili, la fuga spesso assume risvolti ancora più preoccupanti perché si concretizza  con l’autolesionismo e l’assunzione di sostanze che diventano un maldestro tentativo di non sentire il dolore emotivo, la delusione, dal fallimento. Ferire e sballare il corpo è un modo per non sentire il proprio sentire.

Il lavoro degli adulti (tutti) è quello di ridare la speranza e aiutarli in un rispecchiamento reale virtuoso di quanto c’è dentro di loro e intorno a loro mettendoli in contatto con loro stessi e con il loro potenziale straordinario troppo spesso bloccato dalla paura del fallimento che paralizza e induce all’immobilismo, all’evitamento e al ritiro sociale.

Per prepararsi al complesso processo trasformativo dell’adolescenza è necessario mettere delle basi solide e sfatare falsi miti. Non è possibile iniziare a parlare con i propri figli se il dialogo non era presente prima dell’ingresso in adolescenza, così come non è possibile iniziare ad impartire regole e divieti se questi non hanno mai fatto parte della vita del bambino. Il cambiamento non è determinato dagli ormoni ma bensì dai cambiamenti significativi del cervello e delle sue reti neuronali che iniziano in questa fase ma non saranno portati a termine fino all’età adulta (18-20). Sono cambiamenti psicologici, fisici per nulla banali per adolescenti che non hanno gli strumenti emotivi e cognitivi per comprenderne la portata. Questo genera confusione, paura rispetto a queste novità, di cui avevano solo sentito parlare e che intervengono in un tempo relativamente breve.

In questa fase, se non ci sono adulti di riferimento con i quali condividere questi dubbi spesso sarà il web delegato a dissiparli. Un aspetto imprescindibile dell’adolescente è quello di mettere alla prova i propri limiti, di alimentare la propria curiosità e di fare esperienze nuove che sono alla base di una vita ricca e appagante.

Infine l’essenza dell’adolescenza si sostanzia in un progressivo percorso di separazione in risposta al naturale al desiderio di autonomia (dalle figure di riferimento) e individuazione verso la persona che si vuole diventare, un percorso che può essere caratterizzato da conflittualità.

Il passaggio dalla dipendenza dagli adulti ad una completa indipendenza dal mondo adulto non può  tuttavia prescindere da passi in avanti intermezzati da regressioni. L’adolescente ha bisogno di sperimentare la propria  autonomia e collaudare nuovi confronti con i pari, ma sapendo di poter continuare a contare sui propri genitori il cui ruolo cambia (passando dall’accudimento ad una dimensione psicoeducazionale e di interdipendenza) senza smettere di essere fondamentale, in questa fase più che mai,… contrariamente alle comuni credenze.

Dottoressa Raffaella Santoliquido

Dott.ssa

RAFFAELLA

SANTOLIQUIDO

PSICOTERAPEUTA DI ORIENTAMENTO PSICODINAMICO

OPERATRICE IN TECNICHE CORPOREE